Abbiamo intervistato Francesca P., fotografa e creativa che ci racconta a cuore aperto il suo percorso di accettazione e guarigione dall’acne e dalle sue cicatrici.

Oggi abbiamo il privilegio di parlare con Francesca, 27 anni, fotografa freelance e attivista per la body positivity. La sua storia è quella di tante persone che hanno trasformato le proprie insicurezze in punti di forza, ma ciò che rende speciale il suo percorso è l’autenticità con cui racconta ogni fase del suo viaggio verso l’accettazione.
Ci incontriamo nel suo studio fotografico, pieno di ritratti di persone “vere” – come le chiama lei – con rughe, cicatrici, segni del tempo e della vita vissuta. Il suo viso porta ancora alcune cicatrici dell’acne adolescenziale, ma i suoi occhi brillano di una luce che parla di pace interiore conquistata con fatica e determinazione.
“La bellezza autentica non è l’assenza di imperfezioni,” mi dice mentre sistemiamo le luci per qualche scatto, “è la presenza di verità in quello che siamo.”
Sorride, ma è un sorriso che porta con sé la memoria di momenti difficili.
“Avevo quattordici anni quando l’acne è esplosa letteralmente sul mio viso. Non era solo qualche brufolo adolescenziale – era acne cistica, dolorosa, che mi lasciava segni profondi. Ricordo che mia madre mi portava da dermatologi, provavamo creme, antibiotici, tutto quello che il medico consigliava. Ma nessuno mi aveva preparata all’impatto emotivo.”
Si ferma un momento, toccando inconsciamente una piccola cicatrice sulla guancia sinistra.
“La cosa peggiore non erano nemmeno i dolori fisici, ma il modo in cui ho iniziato a vedermi. Era come se il mio valore come persona fosse diminuito insieme alla salute della mia pelle. A scuola evitavo gli specchi, portavo sempre i capelli davanti al viso, mi sedevo in fondo alla classe per non essere vista di profilo.”
“I miei genitori facevano del loro meglio, ma spesso con frasi come ‘passerà, è solo una fase’ o ‘non è niente di grave’ minimizzavano quello che stavo vivendo. Gli amici… beh, alcuni erano comprensivi, altri meno. Ricordo ancora una compagna di classe che mi disse ‘Hai provato a lavarti la faccia?’ Come se non ci avessi mai pensato!”
Ride, ma è una risata che contiene ancora un po’ di amarezza.
“Il momento più duro è stato quando ho smesso di fare le cose che amavo. Non andavo più alle feste, ho abbandonato il corso di teatro che adoravo, evitavo perfino di uscire con la famiglia durante il weekend. La mia vita sociale si era ridotta al minimo indispensabile.”
I suoi occhi si illuminano, e qui posso vedere emergere la Francesca di oggi.
“È successo al liceo, durante una lezione di storia dell’arte. La professoressa ci stava mostrando ritratti del Rinascimento e ci ha fatto notare come quegli artisti dipingessero le persone con tutte le loro imperfezioni: nei, cicatrici, asimmetrie. ‘La bellezza,’ disse, ‘non è uniformità, ma carattere.'”
Fa una pausa, cercando le parole giuste.
“Quella sera sono tornata a casa e per la prima volta in mesi mi sono guardata davvero allo specchio. Non per cercare difetti, ma per vedere cosa c’era oltre le cicatrici. Ho visto i miei occhi, che erano sempre stati verdi e espressivi. Ho visto le mie labbra, che si curvavano in un modo particolare quando sorridevo. Ho iniziato a vedere Francesca, non solo la sua pelle problematica.”
“Ho capito che dovevo affrontare entrambi gli aspetti: curare la mia pelle e curare la mia relazione con me stessa. Per la pelle, ho iniziato a informarmi seriamente. Ho letto ricerche, ho consultato diversi specialisti, ho imparato a conoscere gli ingredienti dei prodotti che usavo.”
Si alza e va verso una mensola dove tiene alcuni prodotti per la skincare.
“La costanza è stata fondamentale. Non sto parlando di routine ossessive, ma di una cura quotidiana fatta con amore e pazienza. Ho trovato prodotti con ingredienti attivi che realmente supportavano la rigenerazione della pelle: vitamina C, acido ialuronico, peptidi. Ma soprattutto, ho imparato che ogni applicazione era un gesto di cura verso me stessa.”
“Quello è stato il lavoro più lungo e difficile. Ho iniziato a praticare quello che chiamo ‘mindfulness dello specchio’. Invece di evitare il mio riflesso o di fissarmi sui difetti, dedicavo cinque minuti ogni mattina a guardarmi con curiosità e gentilezza.”
Torna a sedersi, con un’espressione più seria ma serena.
“Ho anche iniziato a fotografare. Prima solo oggetti, poi paesaggi, poi… persone. È stato attraverso l’obiettivo che ho imparato davvero cosa significa bellezza autentica. Ogni volto ha una storia, ogni ruga è un sorriso ripetuto mille volte, ogni cicatrice è una battaglia vinta.”
“Fisicamente, i primi miglioramenti li ho notati dopo circa tre mesi di routine costante. Ma non erano solo le cicatrici che si attenuavano – era tutta la mia pelle che sembrava più sana, più luminosa. Il cambiamento emotivo è stato più graduale ma più profondo.”
Sorride guardando una delle sue fotografie appese al muro – un ritratto di una donna anziana con un viso segnato ma luminoso.
“A sei mesi dall’inizio del mio ‘percorso di pace con la pelle’, come lo chiamo io, non solo stavo meglio fisicamente, ma avevo ricominciato a fare teatro, avevo ripreso a uscire senza trucco durante il giorno, e soprattutto avevo iniziato questo progetto fotografico sui ritratti autentici.”
Tocca di nuovo la cicatrice sulla guancia, ma questa volta il gesto è affettuoso, quasi protettivo.
“Oggi le mie cicatrici ci sono ancora. Alcune sono quasi scomparse, altre sono ancora visibili. Ma la differenza è che non le vedo più come nemiche. Sono parte della mia storia, testimoniano un periodo difficile che ho superato. Sono prove della mia resilienza.”
Si alza e si avvicina a uno specchio nell’angolo dello studio.
“Ogni mattina, quando faccio la mia routine di skincare, è come se stessi avendo una conversazione gentile con me stessa. ‘Come stiamo oggi? Di cosa hai bisogno?’ Non è più una battaglia, è una collaborazione.”
Torna verso di me con un’espressione determinata ma compassionevole.
“Prima di tutto: i tuoi sentimenti sono validi. Non lasciare che nessuno minimizzi quello che stai provando. È normale sentirsi male quando la propria pelle non è come la vorremmo, e riconoscerlo è il primo passo verso la guarigione.”
Si siede di nuovo, chinandosi leggermente verso di me.
“Secondo: investire nella cura della pelle non è vanità, è self-care. Trova prodotti che funzionano davvero, che contengono ingredienti attivi studiati per la rigenerazione cutanea. Ma fallo con pazienza – la pelle ha i suoi tempi, e forzarli spesso peggiora le cose.”
“Sì, che non ero sola. Che milioni di persone nel mondo stavano vivendo la mia stessa esperienza, e che molte di loro erano riuscite a superarla. Oggi, attraverso la mia fotografia e i social media, cerco di essere quella voce che io non avevo allora.”
Indica le foto sui muri del suo studio.
“Ogni persona che fotografo ha una storia simile alla mia. Non necessariamente problemi di pelle, ma momenti in cui ha dovuto imparare ad amarsi nonostante quello che considerava un difetto. E sai cosa ho scoperto? Quelle che chiamiamo imperfezioni sono spesso le cose che ci rendono più interessanti, più umani, più veri.”
I suoi occhi si illuminano di nuovo, e in questo momento posso vedere chiaramente la trasformazione che ha vissuto.
“La bellezza autentica è coraggio. È il coraggio di essere se stessi senza filtri, letterali e metaforici. È la gentilezza con cui trattiamo noi stessi e gli altri. È la luce che brilla negli occhi di qualcuno che ha fatto pace con se stesso.”
Si alza e prende una delle sue fotografie preferite – un autoritratto scattato un anno fa.
“Guarda questa foto. Puoi vedere le mie cicatrici, ma puoi vedere anche la mia gioia, la mia sicurezza, la mia pace interiore. Questa è bellezza autentica. Non l’assenza di imperfezioni, ma la presenza di autenticità.”
Mi guarda dritto negli occhi, con la sincerità di chi ha vissuto sulla propria pelle ogni parola che sta per dire.
“Il tuo valore non dipende dall’aspetto della tua pelle. Sei una persona completa, complessa, meritevole di amore esattamente come sei in questo momento. Sì, prenditi cura di te stesso, investi in prodotti e routine che ti fanno stare bene, ma fallo partendo dall’amore, non dall’odio per quello che sei.”
Fa una pausa, sorridendo dolcemente.
“E ricorda: ogni esperto di bellezza, ogni influencer, ogni attore che vedi sui social ha avuto giorni in cui non si piaceva. La differenza è che alcuni hanno imparato che la bellezza vera viene dall’interno e si riflette all’esterno, non il contrario.”
Lasciando lo studio di Francesca, porto con me non solo le sue parole, ma soprattutto la sua energia. C’è qualcosa di profondamente ispirante nel parlare con qualcuno che ha trasformato il proprio dolore in saggezza, le proprie insicurezze in punti di forza.
La sua storia ci ricorda che fare pace con la propria pelle – e con se stessi – non è un evento, ma un processo. Un processo che richiede tempo, pazienza, prodotti giusti e soprattutto una grande dose di autocompassione.
Ma soprattutto, ci ricorda che la bellezza autentica non è qualcosa che si possiede o si perde. È qualcosa che si coltiva, giorno dopo giorno, con piccoli gesti di amore verso se stessi. E quello, davvero, è alla portata di tutti noi.